Angelica Donati ha partecipato al TEDx Torino Women, assieme a Giulia Arena, Giulia Gaudino, Debora Ghisolfi ed Elisabetta Marangoni, per parlare di leadership femminile.
“Il mondo del lavoro sta cambiando e ogni settore, incluso quello delle costruzioni, ha bisogno del talento femminile, oggi più che mai. Non basta aprire le porte: serve cambiare la cultura, superare pregiudizi e cominciare invece a costruire reti, alleanze e fiducia reciproca”.
Percorsi: donne, lavoro e inclusione
Angelica Donati al TEDxTorino Women – 8 luglio 2025, Torino – Museo Nazionale dell’Automobile
In Italia, le donne nel settore delle costruzioni sono meno del 10%. Il settore è ancora dominato da una presenza maschile, nonostante i numeri siano in lenta crescita. Ma non si tratta solo di quantità. Il tema è più profondo: riguarda una cultura sedimentata, fatta di barriere invisibili, stereotipi, ruoli predefiniti. Eppure qualcosa sta cambiando.
Oggi possiamo tracciare nuovi percorsi. L’edilizia, come tanti altri settori, ha bisogno urgente di competenze per sostenere la trasformazione in atto. E questa esigenza ha cominciato a scardinare pregiudizi antichi, come l’idea che la competenza sia prerogativa maschile. I dati lo dimostrano: le donne rappresentano oltre il 55% degli immatricolati universitari, e sono sempre più presenti nei percorsi di Architettura e Ingegneria civile.
Nonostante questo, l’accesso allo studio non si traduce ancora in piena inclusione nel mondo del lavoro. Ma la trasformazione tecnologica ed ecologica dell’edilizia ha aperto nuove possibilità. Non esistono più ruoli “da uomini” o “da donne”: esistono ruoli per persone competenti.
La presenza femminile in edilizia non è solo un segnale di progresso: è una necessità strategica. Un settore che esclude metà della popolazione si priva di metà del talento. Gli ambienti di lavoro equilibrati, in termini di genere, sono più solidi, più innovativi, più sani.
Stiamo abbattendo barriere che sembravano insormontabili. Lo vediamo nelle aziende che investono nella leadership femminile, nei team che valorizzano la diversità, nei giovani che rifiutano un futuro preconfezionato. Ma serve una nuova consapevolezza, anche tra le donne. Quante volte, di fronte a un giudizio positivo, sentiamo aggiungere un “ma”? “È brava, ma…”.
È un retaggio culturale profondo. Una cultura che ha escluso le donne dai ruoli chiave e, ancor più, dalle reti informali di potere. Non stupisce se gli uomini riescono più facilmente a fare squadra. I club maschili, i contesti riservati, hanno radici antiche. Le donne, nella storia, non hanno avuto gli stessi spazi.
Oggi molte si trovano ancora sole, o in competizione. L’idea che ci sia un solo posto al tavolo alimenta rivalità. Ma non può funzionare così. Se restiamo in questa logica, continueremo a ostacolarci a vicenda. Riconoscere questo meccanismo è il primo passo per superarlo.
Perché il successo di una donna non è una minaccia, ma una leva per il successo di tutte. Chi ha aperto la strada, nelle imprese, nella politica, nella scienza, ha costruito opportunità per le altre. Il cambiamento passa anche da qui: smettere di dover spiegare, giustificare, attenuare. Il tema non è “essere una donna in un settore maschile”, ma come questo ruolo viene raccontato, percepito, vissuto. E in che modo noi lo abitiamo.
Per questo dobbiamo costruire, insieme, un nuovo linguaggio. Rimuovere il “ma”, sostituirlo con un “e”. Dire: “Sei competente e quel ruolo è per te”. Perché il problema non è entrare nel mondo del lavoro, ma restarci, crescere, contare.
Il vero ostacolo oggi è strutturale. Le donne dedicano ancora il doppio del tempo degli uomini al lavoro di cura. E troppo spesso si trovano costrette a scegliere: carriera o maternità. Un altro “ma”: “Puoi avere successo, ma non troppo”.
Serve un nuovo patto sociale. Servono politiche di welfare, servizi di cura accessibili, congedi parentali equi, flessibilità vera, non precaria. Servono incentivi alle imprese che credono nella parità, percorsi di carriera chiari e valutazioni d’impatto.
La parità non si proclama. Si costruisce. Con scelte quotidiane, con alleanze forti, con istituzioni coraggiose. Se riuscissimo a portare l’occupazione femminile al livello di quella maschile, l’Italia crescerebbe del 12% di PIL entro il 2050, secondo l’Istituto Europeo per la Parità di Genere.
Ma prima ancora dei numeri, serve un cambio di mentalità. Un cambio che parte da ciascuna di noi. Da chi è già arrivata e tende la mano. Da chi ancora cerca la sua strada. Da chi si rifiuta di pensare che il successo delle altre sia una minaccia. Invece di aspettare che il sistema cambi, cambiamolo. Insieme. Perché il talento femminile non è un traguardo individuale, ma un bene collettivo. È una nuova grammatica sociale.
Il mio invito è questo: facciamo un passo: verso chi ha talento; verso chi ha bisogno di un’occasione; verso un futuro in cui una bambina possa sentirsi dire: “Tu puoi fare tutto”. Il cambiamento non è lontano. È in ogni gesto, in ogni scelta e ogni parola e dobbiamo cominciamo a costruirlo insieme.