L’Associazione Women in Property, l’organizzazione del Regno Unito che punta a valorizzare il ruolo delle donne nei settori dell’edilizia e delle proprietà, ha recentemente tenuto un evento sul proptech, in cui cinque aziende – Datscha, District Technologies, Dalux, Placemake e Proda – hanno messo in mostra il loro approccio di business.

Michelle Kershaw, presidente di WiP sud-ovest, ha discusso con la coordinatrice dell’evento, Angelica Donati, in un’intervista pubblicata nella newsletter di WiP.

Cosa ti ha ispirato a guardare verso il proptech?

È successo attorno al periodo del voto sulla Brexit. Nei mesi successivi al referendum mi sono convinta che questo era il momento giusto per iniziare a lavorare su qualcosa di anticiclico. Il Proptech mi ha attirato perché era chiaro che ci sono molte inefficienze da sistemare nel modo in cui costruiamo e gestiamo il settore immobiliare ed edilizio, e che questa messa a punto del sistema stava assumendo grande importanza.

Perché pensi che l’industria dovrebbe prestare maggiore attenzione al Proptech?

Semplicemente perché se non lo fanno, il loro futuro è a rischio. Il settore immobiliare non è impermeabile alle grandi aziende tecnologiche che cercano di diversificarsi. L’acquisto da parte di Amazon di un costruttore di case modulari o il programma di innovazione urbana di Google’s Sidewalk Labs a Toronto sono solo l’inizio. Nella costruzione, i margini sono così piccoli e le inefficienze così grandi, che ci sono molti semplici modi in cui la tecnologia può aiutare a implementare dei “quick win” nella catena del valore. Se i player di settore non abbracceranno l’innovazione, rischiano di diventare obsoleti.

Quali sole le principali barriere all’implementazione del proptech?

Ce ne sono diverse. In primo luogo, il settore immobiliare e della costruzione sono piuttosto basati nella tradizione, e tendenzialmente respingono il cambiamento. In secondo luogo, i portafogli frammentati di risorse fisiche sono molto più difficili da potenziare attraverso l’implementazione di tecnologie rispetto, ad esempio, all’industria dei servizi finanziari. Ma la più grande barriera di tutte quella dei dati. Anche quando è disponibile, non c’è standardizzazione e quindi molti non sono utilizzabili. La sfida quindi non è solo raccoglierli, ma trovare modi per utilizzare e condividere dati già esistenti.

Pensi che ci sia qualcosa in più che il comparto industriale e il governo possano fare per aiutare?

Tornando al tema dei dati, l’unico modo per impostare uno standard è se i principali stakeholder (nel governo e nell’industria) stabiliscono i termini per un “linguaggio” comune e raccolgono quindi un ampio consenso. Anche l’istruzione svolge infatti un ruolo centrale, così come la regolamentazione che incentiva l’adozione della tecnologia.